Nel metodico Lavoro di ricerca e monitoraggio che sviluppa l’Istituto TerraeLiberAzione –con trentennale attenzione anche alle “filiere produttive” in Sicilia- ci capita di incontrare persone creative e giovani “start up” spesso geniali: di solito –purtroppo- restano impaludati nel deserto coloniale o prendono la via dell’emigrazione. In diversi casi i brevetti vengono acquistati e valorizzati all’estero (italietta compresa).Un nostro collaboratore –agronomo di grandi competenze e condivisa visione culturale- ci ha segnalato il “colpo di genio” di un giovane imprenditore catanese che ha inventato e brevettato un nuovo materiale con gli scarti di lavorazione della pietra lavica dell’Etna: il “Petrafeel”.
di Paolo Caruso (agronomo)
La necessità di coniugare la propria attività produttiva con il bisogno di ridurne l’impatto ambientale è stata la chiave che ha spinto Riccardo La Rosa, un giovane imprenditore catanese, a mettere a punto e brevettare un nuovo materiale con gli scarti di lavorazione della pietra lavica dell’Etna.
La Rosa è un artigiano catanese che si è sempre occupato di produzione di oggetti, decorazione e restauro anche di beni architettonici di grande importanza artistica, come ad esempio il “Monastero dei Benedettini” di Catania, secondo Monastero più importante in Europa.
La spinta alla creazione di questo materiale innovativo è partita dall’esigenza di trovare un sistema di smaltimento legale della pietra lavica che non trova, nella legislazione vigente, indicazioni certe sulla destinazione del materiale di scarto, che in precedenza veniva impiegato per la produzione di compost, ammendante naturale per il terreno.
Un altro bisogno che Riccardo ha cercato di soddisfare era legato alla riduzione del quantitativo di energia necessaria per la produzione dei suoi oggetti in pietra lavica.
Il “Petrafeel” ha risolto entrambe le necessità, ovvero un materiale innovativo che si origina dagli scarti di lavorazione della pietra lavica, le cui caratteristiche di impermeabilità, decorabilità e atossicità sono accoppiate alla completa riciclabilità. Lo stesso materiale può essere impiegato per colare all’interno di stampi per la produzione degli oggetti più svariati, evitando l’impiego di macchinari per la modellazione che necessitano di significativi input energetici.
Il materiale è costituito per l’85 % dalla pietra lavica dell’Etna che residua dalla lavorazione delle imprese che producono mattoni e lastre; un perfetto esempio di economia circolare, dove materie prime naturali vengono usate e reimpiegate per produrre oggetti con un impatto ambientale significativamente ridotto rispetto ai cicli produttivi convenzionali.
A ulteriore dimostrazione di economia smart e circolare, il nostro giovane imprenditore, aiutato dalle moderne tecnologie (stampanti 3D), ha poi pensato bene di impiegare il Petrafeel per progettare e produrre le prime bottiglie in pietra lavica al mondo. Queste bottiglie accoppiano all’originalità dell’idea anche delle qualità tecniche molto importanti, quali una maggiore resistenza ai raggi U.V., agli urti e alle variazioni di temperatura.
Per una fortunata coincidenza, La Rosa, aiutato dal suo giovane amico Mattia Indelicato, è riuscito a proporre il prodotto a un imprenditore degli Emirati Arabi che ha accolto con entusiasmo l’idea. Da questo connubio sono già state esportate verso Abu Dhabi le prime bottiglie di pietra lavica piene di pregiato olio extravergine di oliva dell’Etna.
Un perfetto esempio di sinergia tra tecnologia, riciclo di materiali, basso impatto ambientale e valorizzazione dell’agroalimentare del territorio; un modo intelligente per affrontare le sfide future, sempre più legate agli aspetti della sostenibilità ambientale, il cui rispetto – come continuiamo a ripeterci – è di fondamentale importanza per la prosecuzione della vita nel pianeta.