Studiando FANON – La SICILIA ITALIENATA è MALATA. La Lotta per l’INDIPENDENZA del POPOLO SICILIANO istituisce sé stessa come FORZA di GUARIGIONE.


L’etnopsichiatria è un ramo critico della psichiatria che si occupa di studiare e di classificare i disturbi e le sindromi psichiatriche tenendo conto sia dello specifico contesto culturale in cui si manifestano, sia del “gruppo etnico” di provenienza o di appartenenza del paziente. In particolare, essa è la disciplina che mette in risalto la specificità di certi disturbi strettamente collegati all’ambiente culturale di insorgenza e non riducibili a categorie psichiatriche universalmente riconosciute o condivise.

Il vocabolo è costituito da tre parole di origine greca éthnos, che può significare famiglia, razza, ma anche territorio; psyché, parola traducibile con spirito o soffio vitale; iatréia, ovverosia l’attività tramite la quale ci prendiamo Cura di qualcuno o di qualcosa.

Frantz FANON è tra i “padri nobili” delle scienze etnopsichiatriche. Nato nella Martinica nel 1925, psichiatra e filosofo, anticolonialista scientifico e radicale, divenne militante organico del Fronte di Liberazione Nazionale algerino. Morì di leucemia il 6 Dicembre 1961, pochi giorni dopo l’uscita del suo libro più noto: “I Dannati della Terra”.

Lo psichiatra Franz Fanon, nel 1952 scrisse un saggio sulla alienazione del colonizzato, descritta, per la prima volta, da un ambito interno.

Tra i grandi scienziati che hanno contribuito alla nostra comprensione della REALTA’ umana –all’inizio degli anni Ottanta- il più decisivo in profondità è Franz FANON: ce lo fece scoprire Natale Turco, grande storiografo della Nazione Siciliana che contribuì alla rapida maturazione del nostro giovane gruppo appena “uscito in forma organizzata da Democrazia proletaria” all’inizio degli anni Ottanta. Un “gruppo inedito” –che “tagliava i ponti” con tutta la “sinistra d’importazione”- al quale in tanti davano “qualche mese, massimo un anno di vita”. Grazie!.

Nella Lezione di Franz FANON – lo SPETTACOLO COLONIALE è quell’organizzazione che PIANIFICA su vasta scala lo SRADICAMENTO dei colonizzati attraverso la PRODUZIONE di sofismi e la FALSIFICAZIONE della Memoria storica, dell’Ordine narrativo, della Coscienza geografica, dell’Identità linguistico-comunicativa.

Lo SPETTACOLO COLONIALE è strutturato per disgregare le “comunità tradizionali” e ottenere CONSENSO attraverso l’inculcamento nel colonizzato del disamore verso la propria Terra. L’Acqua Santa dell’Identità sgorga pura dalla Terra Madre, ma viene sistemicamente mascariata e avvelenata dai produttori di sofismi dello SPETTACOLO COLONIALE.

La cultura identitaria -scrive Franz Fanon nel suo “I dannati della Terra“- non è il folclore in cui un populismo astratto ha creduto di scoprire la verità del popolo. Nè quella massa sedimentata di gesti sempre meno riallacciabile alla realtà presente del popolo. La cultura identitaria è l’insieme degli sforzi fatti da un popolo sul piano del pensiero per descrivere, giustificare e cantare l’Azione attraverso cui il popolo si è costituito e si è mantenuto.

La battaglia per una cultura di radice, nei paesi colonizzati –come la nostra Sicilia- deve dunque situarsi al centro stesso del Cammino di LiberAzione organizzato nella CoScienza.

Il passato è solo il luogo delle forme senza forze, scrive Paul Valéry. Sta a noi restituirgli vita e necessità attraverso le nostre passioni e i nostri valori, cercando Verità e Bellezza nelle cose del Mondo, cercando, in breve, quella Salute autentica che si genera dal radicamento in una Terra assoluta, cosmica, concreta, che puoi chiamare MATRIA e accarezzare con gli occhi del SINTIMENTU, sicula concrezione di Cuore e Cervello.

La decolonizzazione non va “rivendicata”, né “richiesta” a nessuno. Essa è il “CHE FARE” del Sicilianu Novu nella sua VITA QUOTIDIANA.

La dimensione comunitaria del CAMMINO organizzato nella CoScienza produrrà la “FORZA TERAPEUTICA” necessaria alla GUARIGIONE che abolisce di per sè lo Spettacolo COLONIALE.

«Dopo anni d’irrealismo, dopo essersi compiaciuto dei fantasmi più stupefacenti, il colonizzato affronta finalmente le forze che gli contestavano il suo essere: quelle del colonialismo […] Il colonizzato scopre il reale e lo trasforma nel movimento della sua prassi, nel suo progetto di liberazione» (Franz Fanon).

U Sicilianu Novu camina addhitta alzando uno sguardo critico e solidale sulle cose della Vita e del Mondo. Questa Terra è la nostra Terra. Dobbiamo liberarla, in noi stessi, nella conoscenza, nella cultura, nella sapienza.

Semu Simenza. Il Secolo XXI è la nostra patria che abitiamo nel Tempo. Il Giardino di Trinakria è la nostra Matria che abitiamo nello Spazio. Semu Sicans, Siculs, Sikelians, Siqillyans, Siciliani, Sicilians… It’s Sicily which makes Sicilians. Community of Destiny.

@TERRAELIBERAZIONE. (MDM-2001)

Scheda – L’Etnopsichiatria clinica nasce dalla scuola francese di Tobie Nathan, psicologo, che ha applicato in campo psicoterapeutico le teorie dell’etnologo Georges Devereux, riconosciuto come il fondatore dell’impianto teoretico dell’etnopsichiatria. L’etnopsichiatria clinica di Nathan ha portato alla messa in discussione dei normali sistemi di cura psicoterapeutici e alla creazione di un particolare dispositivo di cura. Con il tempo, questo approccio ha portato alla evoluzione dei dispositivi terapeutici che vanno verso la contaminazione dei saperi. Considerando che la psicologia e la psichiatria classiche inevitabilmente rispecchiano la cultura dominante, l’etnopsichiatria si occupa invece dei colonizzati e delle nuove minoranze socio-culturali, dei loro bisogni e delle difficoltà di individuazione e integrazione nelle culture che le inglobano. Fanno ormai parte del patrimonio analitico dell’Etnopsichiatria anche alcuni elementi fondamentali e imprescindibili delle acquisizioni della moderna Terapia cognitivo-comportamentale:

• il rapporto di collaborazione tra paziente e terapeuta (l’”empirismo collaborativo” di Beck);

• l’assunto che i disturbi emotivi e il comportamento dipendono (almeno in buona parte) da disturbi dei processi cognitivi;

• l’attenzione centrale sul cambiamento delle cognizioni al fine di produrre le modifiche desiderate nell’affettività e nel comportamento;

• il trattamento educativo in genere limitato nel tempo e mirato ad affrontare problemi che comportano uno specifico obiettivo. Più in dettaglio, come riconosciuto e convalidato empiricamente ormai da una vastissima letteratura scientifica, si riconosce alla base di ogni trattamento terapeutico l’importanza:

• della ristrutturazione cognitiva, per modificare i modelli di pensiero disadattivi;

• dei programmi di problem solving, come approccio sistematico alla risoluzione dei problemi personali;

• l’educazione alle coping skills (ossia le abilità ad affrontare le situazioni ansiogene della vita quotidiana) e lo stress inoculation (immunizzazione dello stress);

• la prevenzione delle ricadute tramite le tecniche Mindfullness based e il training sull’ assertività.